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Fine vita, una scelta troppo personale per essere giudicata o privata. La giornalista Laura Santi: “Ricordatemi come una donna che ha amato la vita”

Prato (mercoledì, 23 luglio 2025) — La scelta del “fine vita” è una decisione troppo personale, troppo triste e troppo dolorosa, sia per chi la compie e per chi accompagna la persona cara. La persona che sceglie questa strada non l’ha sceglie perchè preferisce la morte alla vita, anzi vorrebbe vivere, ma la morte in questo caso è l’unica strada per “vivere”. 

di Melania Pulizzi

Nella giornata di lunedì 21 luglio, Laura Santi si è autoiniettata il farmaco per porre fine alla sua sofferenza atroce, nella sua casa di Perugia; Laura Santi, affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, nel 2022 aveva fatto richiesta di suicidio assistito medicalmente, all’Azienda Sanitaria Locale ASL di Perugia, che inizialmente aveva respinto la pratica con cui a determinate condizioni ci si autosomministra un farmaco letale. Nel nostro Paese, Laura è la nona persona e la prima in Umbria ad aver ottenuto l’autorizzazione a tale suicidio, ma dopo un lungo e complesso iter giudiziario, civile e penale.

Laura era nata nel 1975 ed era malata da più di 25 anni. Negli ultimi anni le sue condizioni si erano aggravate, ma inizialmente sembravano non bastare all’ASL di Perugia i requisiti che aveva portato a giudizio; l’Ente infatti aveva motivato la sua decisione sostenendo che mancasse uno dei quattro requisiti previsti dalla storica sentenza del 2019 della Corte costituzionale che aveva dichiarato illegittimo il divieto al suicidio assistito. Dopo che nel 2024 una sentenza della Corte costituzionale aveva però ampliato la definizione di sostegno vitale, e dopo due denunce, due diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo nei confronti dell’azienda sanitaria, Santi aveva fatto nuovamente richiesta e lo scorso novembre questa era stata infine accolta dall’ASL, che però da allora non le aveva più comunicato né i tempi né le modalità per ricorrere al suicidio assistito, rinviandoli a un incontro successivo che per diversi mesi non c’era stato.

Il 29 aprile Laura aveva dunque comunicato in una lettera la sua decisione di andare in Svizzera per poter accedere al suicidio assistito dato che nella sua regione, l’Umbria, le era stato fino a quel momento impossibile nonostante ne avesse diritto. Aveva scritto che quello a cui la Regione Umbria la stava esponendo era “un calvario”, dato l’avanza della sua malattia giorno per giorno.  Poi, nel giugno 2025, era arrivata la conferma dall’ASL sul protocollo farmacologico e sulle modalità di assunzione del farmaco.

L’Associazione Luca Coscioni, di cui Santi era consigliera generale, ha spiegato che il farmaco e la strumentazione necessaria le sono stati forniti dall’ASL, mentre il personale medico e infermieristico che l’ha assistita nella procedura è stato attivato su base volontaria. L’Associazione ha anche pubblicato sul suo sito la lettera di saluto di Laura Santi, che si conclude così, con un appello:

“Ho potuto vincere la mia battaglia solo grazie agli amici dell’Associazione Luca Coscioni, seguiteli e seguite i diritti e le libertà individuali, mai così messi a dura prova come oggi. Sul fine vita sento uno sproloquio senza fine, l’ingerenza cronica del Vaticano, l’incompetenza della politica. Il disegno di legge che sta portando avanti la maggioranza è un colpo di mano che annullerebbe tutti i diritti. Pretendete invece una buona legge, che rispetti i malati e i loro bisogni. Esercitate il vostro spirito critico, fate pressione, organizzatevi e non restate a guardare, ma attivatevi, perché potrebbe un giorno riguardare anche voi o i vostri cari.

Ricordatemi come una donna che ha amato la vita”.

In Italia manca una legge nazionale sul fine vita. Il ricorso al suicidio assistito è infatti legale non grazie a una legge, che non è mai stata approvata, ma grazie alla sentenza della Corte costituzionale del 2019, arrivata dopo anni di iniziative, appelli e infine di disobbedienze civili in cui si chiedeva più libertà sulle scelte individuali di fine vita. Da allora, nonostante i ripetuti inviti della Corte, il parlamento non ha mai approvato una legge per definirne modi e tempi di accesso, e si sono mosse pertanto le singole regioni: la prima a dotarsi di una legge per regolamentare il suicidio assistito è stata la Toscana, lo scorso febbraio.

Fonte: https://www.ilpost.it

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Last modified: Luglio 23, 2025
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